La chitarra intesa in senso moderno, così come la conosciamo noi oggi, nacque verso la fine del sec. XVIII quando venne armata con sei corde semplici.
Nel sec. XVI invece la chitarra ebbe quattro cori e successivamente cinque.
Facciamo un passo indietro nel tempo.
Nella chitarra armata con quattro cori questi erano così costituiti:
coro: negli strumenti a corda il coro
indica il gruppo di più corde parallele
e contigue destinate ad essere suonate
contemporaneamente e accordate
all’unisono, all’ottava e più raramente
alla quarta o alla quinta.
Successivamente venne aggiunto il quinto coro e il sistema di notazione italiano per chitarra divenne molto simile a quello utilizzato per le intavolature italiane di liuto.
Lo strumento si presentò inoltre con quattro accordature diverse e tra queste una è affine all’accordatura dell’attuale chitarra avendone le medesime altezze:
Nella trascrizione in notazione moderna della musica di quel periodo bisogna studiare e conoscere molto bene l’accordatura e i sistemi di notazione utilizzati e spesso il trascrittore sarà costretto ad optare per una trascrizione interpretativa, e non puramente integrale, cioè cercherà di realizzare polifonicamente quanto nell’intavolatura sembra sottinteso o intenzionale.
Quasi parallelamente allo sviluppo delle chitarre a quattro e cinque cori i due strumenti vennero utilizzati anche per l’accompagnamento di canzoni e danze popolaresche. In questo contesto il ruolo della chitarra era circoscritto a funzioni ritmico-armoniche per cui la sua tecnica esecutiva si ridusse a sole strappate di accordi, ricavate colpendo tutte le corde col dorso delle dita della mano destra. Queste strappate all’epoca si chiamavano botte e in spagnolo taner rasgado o rasgueado.
Naturalmente con le dita della mano sinistra si formavano i suoni relativi ai vari accordi.
strappata: movimento della mano destra
che colpisce tutte le corde col dorso
delle dita;all’epoca si chiamavano
botte e in spagnolo
taner rasgado o rasgueado.
Importante notare che per questo stile, che all’epoca era assai diffuso, vennero stampati vari trattati e intavolature nei quali i singoli accordi non venivano rappresentati nota per nota, bensì con cifre o lettere.
Il primo trattato del genere uscì a Barcellona nel 1596 compilato da Juan Carles (o Joan Carlos) y Amat. In esso la stenografia è riferita soltanto agli accordi e non è corredata da indicazioni ritmiche di alcun tipo in quanto fu scritta ad uso di orecchianti che si limitavano ad accompagnare dei passi di danza a loro ben noti.
Successivamente a Firenze nel 1606 venne stampato un altro trattato intitolato “Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola, senza numeri, e note”. Probabilmente basato sul trattato di Carles y Amat, in questo lavoro del Montesardo i vari accordi sono contraddistinti da lettere maiuscole o minuscole, a seconda dei rispettivi valori ritmici (le lettere maiuscole valgono il doppio di quelle minuscole).
La serie utilizzata dal Montesardo fu definita “alfabeto italiano” o “abecedario italiano” e venne adottata quasi integralmente e con qualche aggiunta in Italia e Spagna.
Sul libro di B. Tonazzi, “Liuto, vihuela, chitara e strumenti antichi nelle loro intavolature. Con cenni sulle loro letterature, Ancona, 1974” è possibile reperire degli esempi in merito.
Oggi continuiamo ad utilizzare le sigle e a suonarle con i rasgueo o con plettrate (le botte dell’epoca) per accompagnare la musica che più ci piace e utilizziamo le tablature che molto hanno in comune con il sistema di intavolatura dell’epoca. Cenni di storia sono sempre utili per avere una conoscenza più ampia in merito.
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